venerdì 4 ottobre 2013

RSPP NELL’ORGANISMO DI VIGILANZA: UNA FUNZIONE ANCORA POCO CARATTERIZZATA NELLE PMI

Nell’ambito delle PMI il RSPP risulta un ruolo con più sfaccettature che non trova chiarezza nei contenuti degli incarichi da parte del datore di lavoro, imprecisi se non addirittura assenti.

Una recente sentenza della Corte di cassazione inquadra il ruolo del RSPP come semplice ausiliario del datore di lavoro, privo di una delega di funzioni e di poteri decisionali. Su questo orientamento è possibile analizzare il coinvolgimento del RSPP nell’Organismo di Vigilanza, soluzione sinora mai presa in considerazione, anche se di grande interesse per le micro imprese che applicano il Modello 231 principalmente per prevenire i reati sulla sicurezza. Può aprirsi un nuovo scenario in cui le soluzioni variano in relazione all’applicazione o meno di un sistema certificato.

È noto che, a differenza delle grandi imprese, dove il ruolo del RSPP è sempre
ben caratterizzato quale Responsabile di una Unità con specifici compiti operativi, nelle PMI questa delicata funzione, alla quale la legge conferisce un ruolo determinante per la crescita e la gestione del sistema della sicurezza aziendale, non ha ancora trovato una forte caratterizzazione.

È frequente per le PMI l’attribuzione di questo ruolo ad un professionista esterno che, più che favorire l’efficacia complessiva delle procedure e dei controlli operativi, si preoccupa di garantire la compliance del sistema, quasi sempre da lui stesso delineato, al dettato legislativo. Ne deriva che, in aziende che non applicano un sistema di gestione certificato, il suo ruolo risulti più assimilabile a quello di un auditor interno, in questi casi non previsto, che ad un promotore e coordinatore di processi di controllo operativo.

Se invece si considera il dettato legislativo, il ruolo del RSPP è più assimilabile a quello di un responsabile della qualità, cioè ad una funzione che amministra un sistema di gestione.

Nella pratica risulta una funzione con più sfaccettature, dal momento che non tutte le PMI applicano un sistema certificato o comunque strutturato secondo le Linee guida UNI-INAIL.

Neanche i contenuti dell’incarico conferito dal datore di lavoro aiutano a chiarire questa ambiguità del ruolo poiché, sempre nelle PMI, i suoi contenuti sono piuttosto imprecisi, quando non addirittura assenti.

Questa interpretazione alquanto indeterminata del ruolo del RSPP comporta
almeno due conseguenze sul sistema dei controlli derivante dall’applicazione di un Modello 231: La responsabilità amministrativa delle società e degli enti

• la difficoltà di distinguere le responsabilità del datore di lavoro dal RSPP;
• l’esclusione del coinvolgimento del RSPP nella funzione di Organismo di Vigilanza, anche all’interno di un collegio.

Entrambe le questioni presentano una importanza non irrilevante sulla scelta
dell’Organismo da parte delle PMI.

Le piccole imprese potrebbero, in molti casi, trovare una soluzione adeguata
proprio attraverso l’attribuzione dei compiti di verifica previsti dall’applicazione del Modello al RSPP. Ciò in quanto la prevalenza delle PMI industriali, manifatturiere od operanti nel settore edile è interessata ad adottare il Modello con riferimento primario ai reati sulla sicurezza e sull’ambiente e, pertanto, sarebbe particolarmente interessata ad utilizzare il RSPP per le verifiche interne, in considerazione delle competenze professionali proprie di questo ruolo.

Al contrario, se si vanno ad esaminare i rapporti che periodicamente vengono
pubblicati dalle Associazioni di categoria in merito alle scelte delle PMI sulla
composizione dell’Organismo di Vigilanza, non si riscontra in alcun caso una
soluzione di questo tipo.

Le ragioni di questa assenza sono facilmente attribuibili all’orientamento
giurisprudenziale che non si è espresso nel tempo a favore di questa soluzione.

Alcune sentenze hanno indicato chiaramente l’incompatibilità del ruolo del RSPP con la funzione di Vigilanza con argomentazioni, ad esempio, del tipo espresso dal G.i.p. del Tribunale di Roma in data 4 aprile 2003, il quale rilevava l’inidoneità della persona incaricata quale componente dell’Organo di controllo, considerato che, nel caso specifico, essendo sia il RSPP aziendale che la persona responsabile delle procedure del sistema qualità, non possedesse quei «requisiti di autonomia e indipendenza» che dovrebbero caratterizzare l’Organismo di Vigilanza. Il G.i.p. sottolineava quindi una indubbia commistione tra il ruolo di vigilanza impostogli dalla partecipazione all’organo di controllo e un ruolo di amministrazione attiva di altri sistemi di gestione;

rafforzava quindi il proprio ragionamento escludendo che la circostanza che fosse previsto un organo collegiale potesse di per sé essere sufficiente ad escludere «pericoli di interferenze».
Detto orientamento risulta indirettamente confermato anche dalle Linee guida
Confindustria, nella misura in cui chiariscono il rapporto che può determinarsi tra il RSPP e l’Organismo; secondo Confindustria, infatti, il RSPP può esercitare i controlli di 1° livello a vantaggio di una collaborazione ed un coordinamento da parte dell’Organismo stesso che esercita, a sua volta, i controlli di 2° livello.

Questo quadro di riferimento è stato però capovolto da una sentenza della
Cassazione penale del 20 maggio 2013 relativa all’interpretazione sulle responsabilità del Consiglio di Amministrazione e del RSPP, nonché sulla delega di funzioni con riferimento ad un caso di infortunio mortale.
La Corte asserisce, in questo giudizio in modo inequivocabile, che la responsabilità penale del datore di lavoro non è esclusa per il solo fatto che sia stato designato il RSPP, trattandosi di «soggetto che non è titolare di alcuna posizione di garanzia rispetto all’osservanza della normativa antinfortunistica e che agisce, piuttosto, come semplice ausiliario del datore di lavoro, il quale rimane direttamente obbligato ad assumere le necessarie iniziative idonee a neutralizzare le situazioni di rischio».

Dall’interpretazione della giurisprudenza emergerebbe dunque l’elaborazione di
un concetto sul responsabile del servizio rispondente ad un semplice ausiliario del datore di lavoro e, come tale, privo di poteri decisionali. In sostanza, è considerato

La responsabilità amministrativa delle società e degli enti  un consulente del datore di lavoro che lo coadiuva nelle funzioni di prevenzione degli infortuni, svolgendo compiti che si sostanziano nella ricerca dei fattori di rischio
e nella individuazione delle misure di prevenzione. I risultati delle sue valutazioni verrebbero pertanto recepiti dalla direzione aziendale in base ad un rapporto fiduciario che si instaura fra RSPP e datore di lavoro, come già evidenziato da precedenti orientamenti della Corte.

Secondo questa interpretazione, la designazione del responsabile della prevenzione non equivale ad una delega di funzioni e non dà luogo a nessuna esenzione di responsabilità del datore di lavoro, il quale rimane l’unico e diretto destinatario degli obblighi in materia di prevenzione degli infortuni.

Nei termini sopra indicati, la figura del RSPP non corrisponde a quella di «delegato per la sicurezza» e, pertanto, sembrerebbe perfettamente compatibile con l’affidamento delle funzioni di Organismo di Vigilanza, nell’esercizio delle quali verrebbero efficacemente esercitati quei poteri di iniziativa, ormai ritenuti anche più importanti di quelli di controllo.

Se l’istituzione della funzione del RSPP ha un carattere completamente distinto dall’esercizio della delega di funzioni del datore di lavoro, a valere sull’art. 16, d.lgs. 81/2008, la possibilità per il datore stesso di circoscrivere le proprie responsabilità individuali alle scelte sulla valutazione dei rischi ed alle decisioni sugli interventi correttivi e migliorativi della gestione della sicurezza può realizzarsi tramite il conferimento di un altro tipo di delega, previsto dal d.lgs. 231/2001, che si sostanzia nel mandato attribuito all’Organismo di Vigilanza.

La funzione consulenziale del ruolo originario del RSPP in materia di prevenzione degli infortuni verrebbe, per così dire, assorbita dalla distinta funzione di indirizzo in materia di prevenzione dei reati di lesioni e omicidio colposo del personale dipendente, nella stessa direzione di garanzia degli obiettivi di rischio e, conseguentemente, di controllo perseguiti dal vertice aziendale.

Senza ombra di dubbio questa soluzione risulta soddisfacente per le PMI, soprattutto se interessate prevalentemente a prevenire i reati sulla sicurezza. Inoltre, permette di conciliare il rispetto del principio di indipendenza dell’Organismo conseguente, ad esempio, all’affidamento del mandato allo stesso consulente esterno che già risponda dell’incarico di RSPP, senza aggravi economici e senza maggiore articolazione delle strutture.

Resta però ancora non risolta la questione afferente un principio fondamentale dei sistemi di controllo interno: come può il RSPP esercitare il ruolo di verifica sull’idoneità e sull’efficacia del Modello 231, applicato dall’azienda in piena autonomia di giudizio, se abbia in precedenza definito e pianificato le procedure di controllo operativo in qualità di consulente del datore di lavoro per il sistema dedicato alla sicurezza?

In sostanza, quali garanzie può offrire al datore di lavoro un controllore che
controlla sè stesso?

Per dare una risposta soddisfacente a questa domanda occorre innanzitutto distinguere il caso di un’azienda che applichi un sistema sicurezza certificato da quella che si limiti ad adottare un sistema semplicemente «strutturato secondo le linee guida UNI-INAIL».

Nel caso di un’azienda certificata, appare possibile sostenere che il sistema di
controllo interno manterrebbe la sua validità, in considerazione della presenza di un auditor interno del sistema della sicurezza, obbligatorio per rispetto della norma contrattuale, il quale curerebbe il lavoro di verifica dei protocolli, in questo caso.

La responsabilità amministrativa delle società e degli enti basati sulle scelte suggerite dal RSPP, prospettando anomalie e criticità che formerebbero oggetto di valutazione indipendente del RSPP in qualità di Organismo di Vigilanza.

La contrapposizione di interessi sarebbe quindi salvaguardata e, pertanto, sembrerebbe giustificata la scelta di una piccola azienda di affidare al RSPP il ruolo di Organismo di Vigilanza, anche in posizione monocratica.

Nelle micro-aziende, in presenza di un Modello limitato alla prevenzione dei reati sulla sicurezza e in applicazione di un sistema certificato, si potrebbe addirittura sostenere la possibilità di riservare il ruolo di RSPP-Organismo di Vigilanza allo stesso datore di lavoro che verrebbe garantito dall’auditor interno.

Meno sostenibile appare il coinvolgimento del RSPP nel ruolo di Organismo di
Vigilanza nelle aziende non certificate in sicurezza. Non si esclude però a priori la scelta di coinvolgere il RSPP in un Organismo di tipo collegiale, ove la sua presenza all’interno del collegio sia ritenuta essenziale per la particolare specializzazione richiesta nella valutazione di complessi controlli operativi.

Si verrebbe in questo caso a determinare, per aspetti riconducibili ad eventuali
conflitti d’interesse, una situazione assimilabile alla scelta di coinvolgere nell’Organismo un componente del Collegio Sindacale, anche se non legittimata dalla legge.

Per mantenere la coerenza del sistema dei controlli interni dovrebbe però risultare esplicitamente dalle mansioni e dall’incarico che il RSPP svolge un ruolo di supporto del datore di lavoro, al quale è esclusivamente riservata la responsabilità sulla valutazione dei rischi e sugli obiettivi di controllo, in line con i richiamati orientamenti della Corte di Cassazione .

Di Enrico Pintucci, Consulente e Formatore per AQM-Provaglio d’Iseo in materia 231 Fonte Rivista 231 .